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I manufatti certosini

L’interesse per la cultura materiale certosina si sviluppò anche in merito ai frammenti ceramici emersi dagli scavi effettuati prima dell’inizio dei lavori. Questi materiali vennero ritrovati, in numero non indifferente, nel 1988 svuotando alcuni ambienti sotterranei da macerie e terra alluvionale. I fatti sono stati raccontati da Carlo Sassetti durante il Convegno di Valencia: l’allora Direttore dei lavori, l’ingegnere Gennaro Miccio, decise di far eseguire un piccolo scavo archeologico per recuperare il materiale. Gli spazi sotterranei erano tre piccole stanze, allineate e comunicanti, voltate a botte e attraversate da un tratto del canale di confluenza delle acque che venivano reimpiegate prima di essere scaricate.

Uno degli ambienti sotterranei (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Uno degli ambienti sotterranei (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

I reperti ritrovati erano per la maggior parte frammenti di maiolica e terracotta.La minoranza si componeva di frammenti vitrei, metallici e di resti organici calcarei, cioè piccole ossa e conchiglie. È poco probabile che i monaci scaricassero in questo modo i rifiuti delle cucine, non si spiegava quindi la grande quantità di materiale presente. “Si è potuto formulare un’ipotetica risposta partendo dal confronto dei dati storici conosciuti e di quelli ricavati dallo studio delle fonti scritte superstiti con i risultati derivati dal recupero e dal restauro dei materiali ceramici, e ricostruire un aspetto della cultura materiale e della cronaca della Certosa di San Lorenzo”.

Il ritrovamento dei frammenti ceramici (da Carlo Sassetti, Il ritrovamento e il restauro dei frammenti ceramici della Certosa di San Lorenzo di Padula. Un’occasione di studio sui manufatti della mensa certosina).

La rottura dei materiali sembrava causata da qualcosa. Dall’inverno del 1991 alla primavera del 1992 si eseguì una prima pulitura e selezione dei frammenti, lavoro curato da Carlo Sassetti in collaborazione con la restauratrice Paola Gatto. I frammenti bianchi appartenevano a tipologie di oggetti: quelli di uso comune più grossolani e quelli di produzione maiolica più raffinata. Tra questi ve ne erano con colorazione grigia, giallastra e rosata. Vennero studiati anche i dettagli dipinti, che richiamavano grandi forme. Inoltre, il combaciare di alcuni frammenti rinvenuti all’interno con altri invece rinvenuti all’esterno, rese il lavoro di riassemblaggio più lungo, per un totale di sei mesi. Vennero ricostruite in totale 190 forme.

Guido Donatone si occupò dello studio dei manufatti, mentre Antonella Cucciniello ricercò le fonti storiche su acquisti e produzioni locali.  La ceramica bianca era la dotazione semplice, di uso quotidiano dei monaci, mentre i servizi in maiolica decorata erano usati dal Priore e dagli ospiti illustri. “Per qualità e quantità di servizi pregiati, Ia Certosa di Padula non fu da meno della consorella pisana, gli esemplari ricomposti ripropongono una “Credenza” di buon gusto e di elevata raffinatezza”. Si dimostrò infatti che il materiale proveniva dai luoghi di produzione italiani più rinomati tra il XVII e il XIX secolo.

Questi studi, a partire dalla cultura  materiale, hanno permesso di constatare la ricchezza e il buon gusto che caratterizzava l’ordine certosino, ma anche di vederne attraverso la decadenza. È proprio durante un tragico evento che si colloca la distruzione delle stoviglie: nel 1799 gli abitanti di Padula saccheggiarono la Certosa, durante i moti contro il potere esercitato dal’Ordine sulla scia di ideali repubblicani francesi. Da questo momento, anche se poco dopo i monaci rientrarono in possesso nel complesso, iniziò la decadenza della Certosa. Oggi le ceramiche sono esposte all’interno del Museo della Certosa.

Riassumendo, anche a Padula, come a Sciacca (anche se per ragioni e obiettivi differenti) il progetto portò Tagliolini e i suoi collaboratori a confrontarsi con la cultura materiale e paesaggistica dei luoghi, strettamente connesse alla storia e di conseguenza agli interventi ideati. Restaurare i giardini della Certosa di Padula ha significato anche restaurarne la cultura materiale monastica, in un ideale racconto che potesse comunicare le consuetudini e i significati della vita al suo interno.