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Il Museo della Civiltà Contadina

Il Museo della Civiltà Contadina, collocato nell’area delle case contadine, è la proposta espositiva che si è concretizzata maggiormente nel corso del progetto. Nella relazione si sottolineava che il museo non sarebbe stato da considerarsi propriamente al livello di un museo di tradizioni popolari, come il palermitano Museo Pitrè: “I documenti non intendono proporsi direttamente come testimonianza di arte popolare […] si prefiggono piuttosto come un’ampia e precisa documentazione della vita agricola e marinara a cui l’arte popolare è necessariamente connessa”. La ricreazione di un quadro organico dell’ambiente, individuando usanze scomparse o superstiti avrebbe prima di tutto valorizzato l’aspetto culturale dell’ambiente in cui si inserisce il Piano e, in secondo luogo, fornito al visitatore le conoscenze per comprendere a pieno il luogo. Perciò, più che un museo di arte popolare, bisognerebbe intenderlo come un museo di cultura materiale che si inserisce e si confronta con i contemporanei studi antropologici trattati nel terzo capitolo di questa tesi. 

Baglio Maglienti oggi (fotografia di Giovanni Tagliavia).
Baglio Maglienti oggi (fotografia di Giovanni Tagliavia).

Tagliolini avrebbe voluto allestire il museo all’interno del baglio Maglienti, ricostruendo anche l’interno originario della masseria tradizionale siciliana. Gli oggetti che si sarebbero dovuti esporre erano stati raccolti da lui, grazie alle amicizie e alle conoscenze con la gente del luogo. Tuttavia, i lavori si fermarono prima della sua effettiva realizzazione. Era stato fatto uno schema per descriverne li contenuti.  

Schema dei contenuti del museo della Civiltà Contadina (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Schema dei contenuti del museo della Civiltà Contadina (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

I due macro-temi che avrebbe affrontato l’esposizione, all’interno di ambienti tipici completi di arredi, erano la casa e il lavoro. Per quanto riguarda l’ambiente casalingo, sarebbero stati esposti ricami e costumi, oggetti di uso domestico e per la fattura di pani e dolci. L’ambito lavorativo sarebbe stato maggiormente sviluppato: l’agricoltura, l’allevamento delle api, la coltivazione dell’olivo e della ite, la pastorizia e la tradizione dei carretti siciliani sarebbero stati raccontati dagli oggetti esposti.  

Oltre allo schema, l’unica testimonianza di una prima fase di allestimento è una fotografia inserita nella relazione, che ritrae un’esposizione temporanea di attrezzi e oggetti all’interno delle case del Sovareto. Tra i materiali esposti si possono riconoscere cappelli, aratri, ruote, elementi lignei e altri attrezzi contadini.  

Esposizione temporanea in una delle case del Sovareto (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Esposizione temporanea in una delle case del Sovareto (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

Oggi, tanto le case del Sovareto quanto il baglio Maglienti sono sostanzialmente abbandonati. La struttura venne successivamente ceduta al comune. L’ente regionale cedette il baglio Maglienti e un fabbricato che adibito pizzeria al servizio degli alberghi al comune, in cambio di oneri d urbanizzazione che non erano sopraggiunti. Gli attrezzi sono andati dispersi: probabilmente, escludendo un aratro che si trova alla casa di Capezzano nominatomi da Veronica, vennero trafugati. 

I rapporti con il museo Pitrè

Il palermitano museo etnografico Giuseppe Pitrè viene citato nella relazione del P.P.G. sia come esempio concettuale, che come di entità differente dalla proposta del museo della Civiltà Contadina, in un rapporto leggermente ossimorico. Come il museo della Civiltà Contadina, anche il museo Pitrè era nato da oggetti raccolti dallo scrittore, medico, letterato e etnologo italiano Giuseppe Pitrè. Tuttavia, la raccolta di Pitrè era in origine destinata all’Esposizione Industriale di Milano (1881) e fu utilizzata anche per l’Esposizione Nazionale di Palermo (1891-92). L’attività di raccolta di Pitrè proseguì per tutta la sua vita, contemporaneamente alla pubblicazione dei suoi studi che, dal 1871 al 1913, arrivarono a costituire 25 volumi. Il suo museo prende forma dal 1910, quando riuscì a ottenere l’uso di quattro stanze di un vecchio edificio scolastico palermitano. I locali a disposizione saranno incrementati dopo la morte di Pitrè (1934) con il nuovo direttore Giuseppe Cocchiara: il museo si sposterà nei locali annessi alla Palazzina cinese nel parco della Favorita. Cucchiara voleva creare un museo all’aria aperta trasferendo nel parco edifici rurali siciliani, ma il progetto non fu realizzato a causa della Seconda Guerra Mondiale e della sua successiva morte. 

Il materiale del museo negli anni Ottanta manteneva l’organizzazione originale datagli da Pitrè nella mostra del 1891-92, quando ancora non si parlava né di museografia folklorica, né di cultura materiale. 

Circa un secolo dopo, quando Tagliolini si trovava a Sciacca, il museo Pitrè rappresentava un’istituzione per tutta la Sicilia: sarebbe stato impossibile per il progettista non confrontarsi con le raccolte palermitane. Sicuramente esse sono state tra le spinte della proposta del museo della Civiltà Contadina, che da lì si origina ma da lì si separa anche. Come abbiamo detto, per Tagliolini è stato necessario specificare nella relazione di progetto che, a differenza del museo Pitrè, gli oggetti da lui raccolti avrebbero principalmente avuto lo scopo di documentare la vita contadina, principalmente per i turisti che avrebbero potuto confrontarsi con il luogo dove avrebbero soggiornato.