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Il P.P.G. e il territorio

Il Piano paesistico generale per lo sviluppo turistico dell’area a destinazione termale, denominato Sciaccamare, denominato P.P.G., iniziò ad essere ideato nel 1982. L’obiettivo era di attrezzare una vastissima area verde (circa 100 ettari) del Comune siciliano di Sciacca, iniziativa promossa dalle società ABANO/SCIACCA s.p.a. e SITAS s.p.a. Si era formulata una politica d’intervento per salvaguardare il paesaggio industrializzato, monitorando la trasformazione dell’ambiente causata dall’insediamento di impianti turistici. Un primo intervento, nel momento in cui Tagliolini iniziò ad occuparsi del luogo, era già quasi stato terminato. Il programma generale prevedeva la realizzazione finale di 11 stabilimenti con le relative infrastrutture ad uso turistico con ampie aree verdi dove praticare sport e fare attività terapeutiche. 

L'area interessata dal P.P.G. Sciaccamare vista da Google Earth.
L’area interessata dal P.P.G. Sciaccamare vista da Google Earth.

Comprendeva gli stabilimenti termali, un centro sanitario, un centro sportivo, un centro direzionale e zone verdi attrezzate. Il paesaggio locale all’epoca si caratterizzava per un forte contrasto tra i grandi edifici alberghieri e le antiche strutture agricole portatrici della tradizione contadina del luogo. Divario che il progetto di Tagliolini proponeva di colmare con un piano paesistico “atto a mediare le istanze della nuova città termale con l’ambiente che l’accoglie”. Il piano paesistico voleva accompagnare il futuro sviluppo del complesso turistico, per insediare nel modo migliore le strutture alberghiere nel paesaggio. L’individuazione delle emergenze paesaggistiche dell’area, minacciate dall’industrializzazione, e la valorizzazione di esse a livello progettuale veniva proposta con la volontà di salvaguardarne gli elementi più caratterizzanti del territorio, per mantenerne la continuità visiva. Evitare di snaturare e restaurare il carattere originale del paesaggio siciliano era l’obiettivo finale per una “rinnovata vitalità dell’ambiente”.  

Planimetria generale con divisione in settori (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini)
Planimetria generale con divisione in settori (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

Il restauro del territorio voleva essere inteso come un vero e proprio recupero del paesaggio agricolo, con il ripristino della flora autoctona. La forte attenzione per le colture di Tagliolini si vede benissimo in questo progetto, nella cui relazione si sottolineava la necessità di un ripristino vegetale nell’area. Inoltre, si proponeva una percezione del turismo come “partecipazione alla locale vita rurale” dove il turista si sarebbe potuto immergere a tutti gli effetti. La visione d’uso finale era la creazione di un grandioso parco che proponesse svariate attività legate al territorio, che concretizzasse l’idea di termalismo sociale.

Purtroppo, per problemi di natura politica e finanziaria, in fase esecutiva si ridusse l’area a 30 ettari circa. La maggior parte del progetto di sistemazione paesaggistica ideato da Tagliolini non venne quindi realizzato.

Il territorio interessato dal progetto si estende sul lato est della città di Sciacca per circa 100 ettari in una forma di triangolo irregolare, con quattro chilometri di coste a sud. Il paesaggio autoctono dell’area è abbastanza arido a causa della scarsità di piogge. Da un’area più alta, il terreno calava con pendenze variabili verso il mare: conformazione che permetteva di avere ampie visuali verso la città e verso il fondovalle. Sono varie le sorgenti di acqua salina della zona, alcune alimentavano, in un’epoca precedente al progetto, dei mulini. Nella zona costiera si alternano piccole cale a arenili soleggiati racchiusi da rocciosi promontori.  

L’ambiente naturale all’epoca aveva subito vari danni: l’apertura di cave, argille e laterizi, lo scarico in mare di detriti provenienti in prevalenza dalle fornaci, la presenza di impianti di cantiere mettevano in concerto pericolo il mantenimento dell’ecosistema e del profilo paesaggistico del luogo. Erano presenti anche vari edifici di calcestruzzo costruiti come rifugi o abitazioni durante la Seconda Guerra Mondiale. 

Nella relazione di progetto si può notare una forte attenzione verso le piante spontanee già presenti nel territorio, delle quali è presente un elenco esaustivo. La primitiva macchia mediterranea era scomparsa, senza lasciare traccia della vegetazione e della conformazione originali. Solo nelle aree più alte sopravvivevano residui delle essenze indigene, spesso perché il terreno risultava difficilmente coltivabile. Nelle coltivazioni prevaleva invece la monocoltura, retaggio degli antichi latifondi, di piante come l’olivo che caratterizzava fortemente l’impatto del paesaggio. L’emergenza più qualificante del paesaggio era data dal frutteto (chiamato tradizionalmente jardinu), elemento tradizionale del luogo che si trovava alienato dalla dimora rurale, spesso andata in rovina. 

Osservando il paesaggio non si poteva non notare la presenza di varie case rurali, testimonianze del sistema del latifondo, un tempo molto diffuso nell’area. “La casa colonica tradizionale è a pianta unitaria ed ha annesse le stalle ed il frutteto. Essa è costruita in pietra locale, intonacata e tinteggiata a calce. I tetti sono generalmente a due spioventi, coperti a tegole che ritornano inclinate sul prospetto in funzione di scolo delle acque piovane, poi raccolte nel tubo in cotto in verticale”. 

Case del borgo (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Case del borgo (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

Tagliolini fece un approfondito studio su queste costruzioni, in particolare risultavano interessanti i bagli (masserie) che in passato avevano rappresentato efficaci baluardi di difesa per le comunità agricole dalle epidemie e dagli attacchi. Nell’area esistevano due bagli: baglio Friscia e baglio Maglienti.  

Tra le altre case vi era un gruppetto nell’area delle fabbriche dei laterizi, legato all’opera dei maestri vasai e alla salatura del pesce che continuava ad essere praticata nel luogo. Era presente anche un edificio di un ex cotonificio, utilizzato negli anni Ottanta come magazzino della SITAS. Rilevanti erano anche i ruderi di costruzioni in pietra, inglobati in nuove costruzioni, resti di un borgo di vasai e pescatori. Nella valle dei Bagni si trovava invece l’antico edificio delle Terme, all’epoca in disuso e l’edificio della Colonia Maria Pia di Savoia. L’unica chiesa nell’area era la chiesetta della Madonna del Riposo, anche se in quel periodo era chiusa. Infine, un mulino era una volta situato nel burrone sotto la chiesetta. Di altri mulini costruiti in epoche successive restavano solo rovine. 

Resti di un mulino del XVII secolo (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Resti di un mulino del XVII secolo (dalla relazione del P.P.G. Sciaccamare, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).