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Le celle: gli arredi

Le celle dei monaci destarono un forte interesse in Tagliolini: oltre ad aver visitato i precedenti citati complessi certosini, aveva letto vari volumi dedicati alla cultura certosina e gli arredi delle celle dei monaci. A lui si deve il progetto di riarredo, che purtroppo non fu realizzato, degli alloggi personali dei monaci. Essi i realizzavano personalmente con tecniche artigianali gran parte degli ornamenti e degli arredi degli ambienti comuni e dei luoghi dedicati alla vita solitaria e raramente ricorrevano ad artisti di fama, e ne dilatavano i tempi di esecuzione, perché guidati da una concezione del tempo da destinare al lavoro manuale completamente scissa dalla volontà della conclusione del lavoro stesso. 

Configurazione tipo della cella (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Configurazione tipo della cella (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

Per l’autentico contemplativo la cella è la sede della salvezza, la base della quiete interiore, il luogo di un’alta contemplazione, una dimora celeste, un giardino profumato, una possibilità di traboccanti consolazioni, anzi un paradiso di delizie sulla terra.

Dionigi il certosino, dal trattato: Elogio della vita solitaria, 1440-1445.

La cella con il suo giardino rappresenta una sorta di piccolissimo ma allo stesso tempo importantissimo ecosistema per il monaco. È contemporaneamente l’abitazione privata, il luogo di preghiera e di riposo, ma anche di lavoro manuale e agricolo. La Regola invita i monaci alla solitudine: ogni monaco abita da solo, senza però possedere nulla di proprio. La cella si compone solitamente di due aree: l’Ave Maria e il cubiculum. Nell’Ave Maria si colloca un’immagine della Santa Vergine, davanti alla quale il monaco recita un’Ave Maria quando entra nella cella. Il cubiculum contiene l’oratorio, formato da uno stallo e da un’inginocchiatoio, dove il monaco recita parte dei suoi uffici, seguendo le stesse cerimonie prescritte in chiesa. Al suono della campana il monastero diventa una grande chiesa: i monaci sono ai loro stalli e, benché separati, innalzano contemporaneamente verso il cielo le loro lodi e le loro preghiere. 

Sull’oratorio i solitari pongono un crocifisso e delle immagini della Vergine Maria e dei loro santi preferiti. Vicino all’oratorio c’è una piccola alcova in legno con un semplice letto. Inserito nel vano della finestra c’è un tavolino con una piccola credenza, dove i padri prendono i pasti che ricevono attraverso un piccolo sportello posto a fianco della porta d’ingresso sul chiostro. Per il freddo invernale si utilizzava stufa a legna che il padre alimentava tagliando a pezzi i tronchi accatastati nella sua legnaia. Partendo dalla raccolta dei materiali rinvenuti grazie agli scavi, Alessandro Tagliolini si occupò tanto del restauro dei giardini quanto di progettare il riarredo interno delle celle. Anche qui l’idea parte dai giardini e dalla riqualificazione paesaggistica di un luogo per evolversi alla cultura materiale che lo avvolge.  Anche qui, come era avvenuto in scala minore a Sciacca, una raccolta di oggetti permise di ricostruirne la cultura intrinseca. Infatti, l’esigenza di raccontare, di valorizzare la storia della Certosa sarebbe dovuta emergere con l’arredo delle celle.

Alcuni degli arredi superstiti all’epoca del progetto (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

Nell’Archivio presso la Fondazione sono conservati i progetti degli interni delle celle n. 6 e n. 11 (della cella n. 5 è presente solo il progetto di restauro del giardino). Leggendo appunti e schemi preliminari si può vedere come il desiderio del progettista fosse di sviluppare delle esposizioni in questi luoghi, già di per sé espositivi per il loro essere dei “diorami reali”. Nei disegni di arredo tutte le componenti dell’ambiente della cella vengono studiate meticolosamente. Dagli elementi lignei, alle suppellettili di ferro, ai cuscini dei letti: ogni cosa venne pensata da Tagliolini per riallestire i luoghi che ospitavano i monaci e le loro attività solitarie.

Appunti di Tagliolini per la realizzazione delle tavole di progetto dove dai quali si accerta la volontà di riallestire le celle 5, 6 e 11, di adibire la cella 5 a mostre e di restaurare i giardini (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

La cella 6

La progettazione del riarredo della cella n. 6 della Certosa di San Lorenzo voleva essere finalizzato a “rappresentare un modello di ambiente, inserito nell’ampio quadro di conoscenza storica sul luogo”. L’arredo aveva subito l’influenza del gusto tardo barocco che caratterizzò il monumento nel XVIII secolo. Tuttavia, non avendo prove sull’effettivo mobilio della cella, Tagliolini ne i ipotizzò il riarredo basandosi sulle consuetudini della vita monastica e sulle informazioni ricevute durante la visita a Grenoble. Vennero selezionati alcuni mobili ritrovati nella Certosa che potevano essere compatibili con la cella, mentre i mobili di cui si propose la ricostruzione vennero progettati a partire da quelli della Certosa di Serra S. Bruno e della Certosa di Farneta, le quali erano state visitate da Tagliolini.

Progetto di arredo della cella n. 6, (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Progetto di arredo della cella n. 6, (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

Nel cubiculum non venne riproposta la tradizionale parete in legno soffittata, in cui si inseriscono il letto e l’inginocchiatoio, che invece ci sarà nell’arredo della cella n. 11. L’ambiente destinato al riposo e alla preghiera venne quindi separato dall’area per lo studio da un arco in legno e stucco che avrebbe fatto da divisorio tra gli spazi. Il letto veniva ricollocato vicino alla finestrella, dove veniva solitamente inserita la lucerna per la notte. 

L’ambiente dello studio era costituito da uno scrittoio munito di alzata-libreria e di una sedia. Dei cesti, che vengono ancora utilizzati nel luogo, oppure una cassapanca lignea conservavano la legna da ardere. Nell’Ave Maria si collocava una statua della madonna, sopra all’inginocchiatoio. 

Il lavabo era solitamente collocato in un armadio a muro, ma nel progetto di riarredo si ipotizzava un posizionamento più comodo in un angolo vicino all’ambiente del riposo. Inoltre, erano stati previsti dei lavori per riportare alla luce l’intonaco originale. Stando alle consuetudini della vita monastica Tagliolini ipotizzava che gli oggetti una volta presenti nella cella fossero: i libri da leggere (era permesso prelevarne solo due per volta dalla biblioteca), due pentole, (tre scodelle di cui una per il pane), un vaso, una tazza, una brocca per l’acqua, una saliera, un piatto, due sacchetti per i legumi, un asciugamano. Le interviste che fece a Grenoble, nella fase di studio precedente al progetto, attestarono che le posate usate dai monaci erano in legno: il cucchiaio e la forchetta erano solitamente intagliati nel legno di olivo. A Grenoble il monaco cucinava su un fornello-stufa, mentre nella cella in questione è più probabile che si usasse il caminetto. 

Infine, si proponeva la raccolta di una documentazione sul taglio e sull’utilizzo della legna nella legnaia e nella falegnameria adiacenti al giardino, dove si sarebbe potuta inserire una riproduzione di un cavalletto in legno per l’appoggio del tronco. Le tavole dell’Enciclopédie, che illustrano la realizzazione di attrezzi e la lavorazione del legno, furono consultate da Tagliolini per studiare la falegnameria.

I certosini al lavoro nella falegnameria (foto di R. Ghedina, da Il silenzio del deserto, libro fotografico,Stampa grafiche Italprint, Treviso, 2008).
I certosini al lavoro nella falegnameria (foto di R. Ghedina, da Il silenzio del deserto, libro fotografico,Stampa grafiche Italprint, Treviso, 2008).

La cella 11

Nella proposta di arredo della cella n. 11 i presupposti furono per Tagliolini i medesimi della cella n. 6. Tuttavia, vi sono alcune differenze: prima di tutto nella cella n. 11 viene proposta la classica conformazione del cubiculum, con la parete in legno soffittata, nella quale si posizionano il letto e l’inginocchiatoio.

Arredo della cella n. 6 (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Arredo della cella n. 6 (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).

Inoltre, in questo caso il progetto della cella vede la presenza di alcune tipologie di arredi (come il passavivande e l’armadio con lavabo) che nel progetto della cella n. 6 erano solamente citati.

Visione in pianta del cubiculum (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Visione in pianta del cubiculum (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Progetto dell’armadio con lavabo, (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).
Progetto dell’armadio con lavabo, (dalla relazione del progetto di restauro a Padula, per concessione della Fondazione Alessandro Tagliolini).